Puzza di Marcio: il trasferimento nella scuola calcio
Negli ultimi giorni abbiamo notato con quanta facilità venga accostato il termine “trasferimento” a bambini e ragazzi della scuola calcio. Una pratica che non scopriamo certamente oggi, ma che continuiamo a disprezzare apertamente.
Il nostro disprezzo nasce proprio dall’utilizzo del termine “trasferimento” che presuppone un possesso, che indica che vi sia un proprietario prima ed uno dopo la transazione, un termine utilizzato per scimmiottare il calcio professionistico, dimenticandosi che di fronte si hanno dei bambini che non sono di proprietà di nessuna società sportiva ma semplicemente sono iscritti ad un corso sportivo, come possono esserlo a qualsiasi altro tipo di corso.
Un utilizzo così disinvolto e a-problematico della parola in questione, nell’attività di base, smaschera i reali obiettivi delle scuole calcio e le conseguenti strategie adottate per raggiungerli.
E l’obiettivo condiziona tutto!
Così se l’obiettivo di una società è quello di accrescere il proprio prestigio, cedendo i tesserati a società professionistiche, va da sé allora che non parliamo più di bambini ma di atleti. Atleti di 8-9 anni che la società calcistica si sente in dovere di preparare per essere performanti: gli atleti devono avere delle competenze tattiche e tecniche, devono saper reggere la pressione. Sono merce da scambiare con la promessa di ricevere in cambio la “nomina” di società calcistica migliore.
Quindi evitiamo di prenderci in giro, per favore, raccontando la storiella per la quale l’obiettivo primario è la felicità del bambino quando invece, per quelle società che non si fanno problemi ad utilizzare il termine “trasferimento”, il reale interesse è far crescere calcisticamente il bambino per dare prestigio alla società con una sua cessione.
Il nostro disprezzo verso queste pratiche è forte perché sposta il calcio giovanile da una dimensione ludica ad una commerciale, dimenticandosi totalmente dei diritti delle bambine e dei bambini.
Quando è nata la nostra sezione calcistica il nostro primo obiettivo era quello di riportare il calcio alla sua vera dimensione: il gioco.
Perché il calcio è un gioco e tutti i bambini e le bambine che si sono innamorati, si innamorano e si innamoreranno del calcio lo faranno per questo.
Non dimentichiamoci di loro per inseguire logiche puramente commerciali!
Cerchiamo di spostare il nostro focus sul gioco: in questo modo, riusciremo davvero a mettere al centro il bambino perché la attenzione non sarà posta esclusivamente sulla sua crescita calcistica ma sulla sua relazione con il gioco.
Perché i bambini vengono ad allenarsi? Ce lo siamo mai chiesti?
Il bambino viene al campo di calcio per giocare, non per diventare un calciatore!
O meglio, magari sogna di diventarlo ma i bambini vivono il qui ed ora e noi adulti, allenatori e presidenti delle società calcistiche, dobbiamo sforzarci di entrare nel loro tempo, di vivere il loro mondo, di innalzarci verso il loro modo di vedere le cose. Solo in questo modo potremmo veramente essere gli strumenti in grado di fornire al bambino ciò di cui ha bisogno.
Oltretutto siamo convinti che questa scelta possa portare anche dei risultati sportivi. Chiaramente li porterà nel lungo termine e non nel breve termine perché al bambino o alla bambina non verrà richiesto di sviluppare prematuramente quelle competenze e quelle capacità necessarie per essere “ceduto” ma le costruirà seguendo i propri tempi e le proprie inclinazioni.
Se la mia attenzione è sul bambino (e non su uno qualsiasi ma su Marco, Francesca, Federico o Sofia…) allora devo saperlo aspettare, rispettandolo e non spegnendo la sua passione per il calcio.
Siamo convinti che in questo modo, inoltre, si possa combattere un fenomeno molto preoccupante sul quale si dovrebbe lavorare proprio a partire dall’attività di base, dove invece ci si preoccupa di formare il calciatore prima che la persona: il fenomeno dell’abbandono calcistico da parte di ragazzi e ragazze dell’agonistica.
Il paragone più calzante è quello tra un frutto che matura lentamente senza trattamenti, seguendo i tempi della natura, e un frutto la cui maturazione viene accelerata chimicamente per essere venduto: a voi la scelta!